La Flora

A cura di Giovanni Potente

Gli alberi patriarchi

Il lavoro parte da una ricerca nel territorio sulla presenza e mappatura degli alberi centenari. Ovvero quegli alberi che sfidando i secoli, resistono alle insidie del tempo e dell’uomo. Tende a promuovere la salvaguardia  dei “patriarchi” affinché le generazioni future possano ammirarne la bellezza, la forza che essi comunicano.

Si è provveduto ad una catalogazione degli alberi attraverso un vasto archivio fotografico, indicando contrada, comune, circonferenza, altezza (ricavata con l’ausilio di un programma informatico), età.

Nel contempo si è legato la presenza delle  “trufe” (Ulivi Maestosi secolari) con la nascita e lo sviluppo di Canna. Infatti, con l’attribuzione dell’età, con esemplari che raggiungono più di 500 anni, se ne ricava la presenza umana, l’ulivo deve essere piantato,  subire l’innesto, curato, indici della persistenza  di una comunità sul territorio.

La ricerca, inoltre, si è soffermata su fatti storici  che hanno segnato la comunità, come l’occupazione dei soldati francesi del 1806 e gli eventi avvenuti nei pressi dell’albero di ulivo sito in via Mercato, detto l’albero di Schangafico dal nome dell’uomo che vi fu impiccato.

Si vuole segnalare un percorso naturalistico, da praticare a piedi, per le scolaresche e gli appassionati di trekking, per ammirare  gli ulivi monumentali. Partendo dalla Fontana, scendendo per le contrade S. Rocco, Cerasa,  risalendo per la località  La Manna, con una pausa sul canneto, dimora di uccelli di rara bellezza, e proseguendo per il tratturo delimitato dai muretti a secco, sino a raggiungere il pino di Rizzìr che porta alla Fontana.

Percorso che si sviluppa ad anello per una percorrenza di 2 Km, con media difficoltà, della durata di  un’ora.

Il lavoro è stato prodotto con la fattiva collaborazione ed entusiasmo dei ragazzi disabili.

Progetto tutti a Bordo, maggio 2010

LA MONUMENT VALLEY

Appena usciti dal paese, svettano maestosi gli ulivi centenari, come severi guardiani posti a difesa di Canna. Stendono fino alle case i rami fecondi.

Località “La Strada delle Civette” Foto Progetto tutti a bordo Maggio 2010

Ulivi monumentali

Le “trufe” particolare, età stimata 400 anni

Il trio di trufe sviluppatesi  su un antico ceppo. Età stimata 500 anni. Località La strada delle Civette. Foto Progetto tutti a Bordo, Maggio 2010

particolare

Uliveto del Barone. Ai piedi del paese, coincide con la nascita e lo sviluppo di Canna.

Quella dell’ulivo è una coltura di primaria importanza nella storia di Canna.  Sia per quanto riguarda l’aspetto economico , con i 21 frantoi censiti fin dagli anni quaranta del secolo scorso, con una produzione di olio di  notevole quantità, tale da sopranominare i cannesi  “I dajet” (unti); sia per quel che riguarda il tentativo di far risalire, attraverso l’età dell’ulivo, l’origine stessa del paese.

Ulivo secolare località Acquedotto Foto Progetto tutti a Bordo maggio 2010

Ulivo secolare particolare

Coltivazione a terrazzo nei pressi del Palazzo  delle Culture.  Dove la coltivazione non è soltanto un fatto produttivo ma eminentemente culturale, di costruzione del paesaggio. Foto Progetto tutti a Bordo.  Maggio 2010 m

Ulivi a terrazzo, giardini Palazzo delle Culture

La Battaglia in Località Cervo, Canna, tra esercito  Francese e schiere Borboniche

L’ulivo secolare denominato “l’albero di Schangafico” teatro dell’efferato delitto

Un po’ di cronistoria

Il 14 febbraio 1806 entrarono in Napoli le truppe francesi a capo del luogotenente di Napoleone, Giuseppe Bonaparte, fratello dell’Imperatore. Il Re Borbone Ferdinando IV, si era rifugiato a Palermo. La città era sguarnita e priva di difesa. Giuseppe prima di instaurare il governo, pensò bene di inviare le truppe  per sedare la ribellione, fomentata dai Borboni, in Calabria, dove accanto all’esercito Borbone, ingrossava le fila di un malcontento, soldati, Briganti alla macchia, contadini. In questo scenario  comparvero le truppe Francesi a Canna. Il nostro tentativo di ricostruzione storica è basato più che sulle fonti scritte, sul racconto orale, in primis la testimonianza di zio Peppino, centenario deceduto nel 1991 a Canna. La scintilla scoppiò nella Presila dove

un contingente francese a Guardia di Soveria fu trucidato dalla locale popolazione. La rivolta divampò per tutta la Calabria.  La repressione francese fu spietata, incendi, saccheggi, fucilazioni, città come Lauria, Lagonego completamente saccheggiate. Il 31 luglio 1806 vi fu la proclamazione dello stato di guerra contro la Calabria. In questo scenario comparvero le truppe francesi, un contingente di mille uomini schierati a battaglia. Lo scontro con quel che restava delle schiere borboniche, fu cruento. Crepitio di archibugi, sciabole sguainate. L’intera vallata di contrada Cervo si colorò di rosso per il sangue versato.  I francesi usciti vittoriosi dallo scontro, volevano raggiungere Nocara. Appena superato il vallone della località Cotura scorsero il paese di Canna, e si dirottarono su di esso. Pare che la frase “è più corta  Canna che  Nocara” sia dovuta a questo  episodio, frase  ancora oggi citata, e ha come significato quello di effettuare la scelta più comoda rispetto a quella preventivamente prospettata che risulta tortuosa e di difficile realizzazione. Torniamo all’esercito francese ormai alle porte del paese.  Come bande di masnadieri piombarono in via mercato e cominciarono i primi saccheggi. Nei pressi del timpone S. Giovanni, nell’attuale piazza mercato, avvenne il primo efferato omicidio. Un cittadino, detto Schangafico,  venne impiccato appeso all’albero centenario di ulivo situato nei pressi dell’abitazione Russano, a monito dell’intera popolazione. I saccheggi  più devastanti si verificarono in piazza S. Antonio. Il palazzo del Rosso venne incendiato. Gli attuali proprietari mentre ristrutturavano il fabbricato, si accorsero che i muri erano anneriti, una conferma al racconto di Zio Peppino. Man  mano, tra popolazione e soldati  ormai di stazza al paese, incominciarono  ad instaurarsi  rapporti di reciproca tolleranza. Il comandante del contingente regalò un medaglione ad una bambina e la tenne a battesimo. I soldati  diffusero una musica il cui ballo ricorda quello in voga  tra corti europee, lo schoz . Ancora oggi è per antonomasia il ballo dei cannesi e non può mancare nei matrimoni, usato all’apertura del ballo degli sposi. Depositari dei passi della danza sono ancora le nostre arzille vecchiette, che con un sorriso danzano al ritmo dello schoz abbandonandosi ai ricordi di un ballo, le cui origini coincisero con eventi che risalgono alla storia europea, alla Rivoluzione francese a Napoleone Bonaparte. Alcuni soldati si fermarono a Canna, si sposarono. Oggi la discendenza di quelle famiglie è chiamata “i francesi”.

Contrada Cervo Progetto Tutti a Bordo, maggo 2010

Contrada Cervo

IL SENTIERO DEI PINI

La parte bassa del paese è caratterizzata  da una  linea di pini che va dal timpone del Barone sino alla fontana, per un numero di 7.    Si tratta di pini ad alto fusto con una altezza media di m. 20  e una circonferenza di m. 3.50. Purtroppo negli ultimi anni a causa della siccità, alternata da copiose piogge, tre di essi sono periti. Recentemente si è provveduto  a una pota  per alleggerirne il peso affinché possano essere consegnati alle future generazioni

Pini, particolare. Si noti il ceppo del pino abbattuto

Il pino  detto di “R’zzirh” (Ruggero) ai piedi del paese, altezza metri 20.50, circonferenza m. 3.90

Il pino  Rizzir prima dell’intervento di potatura  in una foto del 2004

Pini nell’orto del Barone in una foto del 2004. Ai lati i due pini che perirono nel 2006 e 2009 abbattuti dagli eventi atmosferici.

Così si presenta, oggi, l’orto del Barone. Foto maggio 2010 “Progetto Tutti a Bordo”

I pini della Fontana

Il pino in via Mercato, nei pressi del Santuario della Madonna del Soccorso

Le querce secolari.

Sotto il Cimitero, si erge su di un piedistallo di rocce, la quercia in località Plaza.

LA QUERCIA “MOLITERNI”

Situata nei pressi della contrada Asprona (Canna Cs) è alta m. 11,30 con una circonferenza di m. 4,10

Foto “Progetto tutti a Bordo” maggio 2010. Gli Alberi Patriarchi.

Il corbezzolo località il Commaroso

Corbezzolo sopravvissuto al devastante incendio del 1988  che distrusse ettari di bosco del commaroso. L’etimologia deriva   dal greco commaros, da cui si fa risalire il nome  Commaroso

Il querceto di Sant Viglione Nocara

Veri alberi monumentali dal diametro imponente che ancora sfidano i secoli e l’Uomo.

QUERCUS ROBUR  sito in località Santo Viglione Nocara (Cs). Altezza m. 12 circonferenza m. 6,40

Età stimata 500 anni

particolare del querceto località  S.  Viglione Nocara   (Foto Progetto “Tutti a Bordo” maggio 2010)

LOCALITA’  CONVENTO DEGLI ANTROPICI NOCARA (CS)

L’Uomo sin dall’antichità ha avvertito la necessità di estraniarsi dalle pene del Mondo, e rifugiarsi in un eremo, cercando il contatto con l’Assoluto. Queste sono le sensazioni che avverte il visitatore che si reca al Convento degli Antropici Nocara.

Castano. Altezza m.13  circonferenza m.3,20.  Convento degli Antropici Foto “Progetto tutti  a Bordo” maggio 2010

La “ cupola “ di lecci. Anfiteatro convento degli Antropici. Foto Progetto tutti  a Bordo,          maggio 2010

Querceto località Convento degli Antropici.

Il castagneto di  Nocara

Si notino i due castagni sviluppatosi su un vecchio tronco. Nocara  foto progetto Tutti a Bordo

Maggio 2010

Particolare del castagno

L’Arma S. Angelo

L’Arma S. Angelo, detta l’Arm di Gatt’, in Nocara. Simile ad una cattedrale gotica, usata dagli scalpellini cannesi  sin dal 1700, come cava, per la costruzione dei portali che  ornano i palazzi gentilizi di Canna. In passato veniva usato  come luogo mistico di ritrovo  tra i “maghi” dei comuni  del circondario. Foto “Progetto tutti a Bordo”  maggio 2010

Arma S. Angelo, particolare

Arma  S. Angelo veduta panoramica sullo Jonio.

Scriveva Plinio il Vecchio: “Là dove il golfo è a forma di falce sorgea l’antica città di Lagaria”

La Leggenda attribuisce a Nocara il luogo di nascita della città ellenica di Lagaria

I MURAGLIONI

I  “Muraglioni” costruiti con pietre a secco, con la tecnica  “a catena” a sostegno dei terrazzamenti  in località Commaroso. Recentemente vi è stata una rivalutazione di questi sistemi di costruzione, oltre a salvaguardare il territorio dagli smontamenti, preservano il microclima  favorendo un   humus che si riflette sull’intero ecosistema. In tal senso la regione Puglia ed il progetto per la salvaguardia dei muretti a secco.  Foto progetto “Tutti a Bordo” maggio 2010

particolare del muraglione presso la Vigna di zio Pietro località Commaroso Canna

muraglione  adiacente all’asilo nido

LA MACCHIA MEDITERRANEA

Il  lentisco, macchione adiacente l’asilo nido

Lentischio, particolare

LOCALITA’ DIFESA CONTRADA MONTE CANNA CS

Gregge in transumanza. L’Uomo e il territorio.  Foto “Progetto tutti a Bordo” maggio 2010

DALLA MASCHERATA BRUTTA A QUELLA BELLA

A cura Progetto tutti a Bordo

A Guardare nei ricordi sembra ieri. I fumi del Fuoco in onore di S. Antonio salivano accerchiando le case. Con pale e rastrelli la gente  depositava le braci in recipienti di fortuna. I più temerari, sfidando le fiamme, tiravano fuori pesanti ceppi ardenti.  Per le strade restavano vistose scie colorate di nero, che, da Piazza S. Antonio,  raggiungevano le case  di tutto il paese.  Il Fuoco di S. Antonio non poteva mancare nei focolari dei cannesi. Era  simbolo di benedizione e  protezione della casa. All’indomani nella piazza, restava solo cenere, che di lì a poco sarebbe stata usata per un evento bello e inquietante: “La mascherata Brutta”.  I “mascharèt’ ” indossavano velli di pecora (il c.d.  “pillzzon”, antico abbigliamento dei pastori fatto di pelli) in testa un fuscello di giunco  con appariscenti corna di montone, le mani che brandivano enormi campanacci. Più che maschere, sembravano strane creature uscite da quelle ceneri. E poi, urla, corse, polvere. Si avvicinavano alle persone, alcuni buttavano la cenere sulle scarpe, altri, muniti di mazzetti di penne di gallina, pulivano. Ricordavano a tutti  “ E’ carnevale, ogni scherzo vale!”

LA MASCHERATA BELLA

Tradizionalmente la “mascherata bella” era rappresentata nel giorno della Candelora, il due febbraio.  Il tutto era incentrato nella celebrazione di un matrimonio. Invitati erano i rappresentanti di tutte le categorie sociali. Accanto agli sposi, comparivano il compare, la comara, il notaio che celebrava, pastori, contadini, il cacciatore, il medico, i pulcinella, finanche due carcerati che erano messi  a chiusura del corteo nuziale.  Celebrato il matrimonio con un’orazione del notaio che metteva in guardia gli sposi  dalle difficoltà e dai pericoli del vincolo matrimoniale, iniziava il ballo degli sposi. Compariva, d’improvviso, il diavolo, vestito tutto di rosso con un cappello a tuba alla cui sommità vi era rappresentato delle corna, con una danza fatta di saltelli insidiava l’unità degli sposi mettendo zizzanie. A salvare il matrimonio interveniva il cacciatore che con un colpo di fucile lo uccideva. Prontamente il medico munito di siringa miracolosa, praticava una puntura al diavolo, diverso per terra, facendolo resuscitare.

Tutta la pantomima pare suggerire che il male non si può sconfiggere, anche quando sembra vinto esso ricomparirà, in una eterna lotta tra bene e male.

I pulcinella avevano compiti  di servizio d’ordine, impedivano che qualcuno potesse avvicinarsi al corteo, provvedevano alla raccolta dei beni offerti per il gran banchetto finale.

Corteo nuziale con i personaggi tipici della  Mascherata Bella. Il diavolo che tenta l’unità degli sposi, il Notaio che celebra, il Medico, il Cacciatore, i Pulcinella  che curano l’ordine del corteo.

Foto Progetto tutti a Bordo, 16 febbraio 2010